L’utilizzo del modello CAF negli uffici giudiziari: lo stato dell’arte - intervista a Giancarlo Vecchi
20 novembre 2013 - Dal 2010 gli Uffici della giustizia italiani, unici in Europa, dispongono di un modello CAF "personalizzato"
Abbiamo chiesto di illustrarci lo stato dell’arte a Giancarlo Vecchi, esperto del Centro nazionale risorse CAF che ha contribuito a tale personalizzazione. e che sta attualmente collaborando, nell’ambito del progetto MPG-Misurazione delle performance della giustizia, alla valutazione del Progetto interregionale Diffusione delle Best Practices negli uffici giudiziari italiani.
Come descriverebbe l’evoluzione dei percorsi di autovalutazione in questo settore, nell’ambito dei processi di valutazione delle performance degli uffici giudiziari?
Nell’ambito del Progetto Diffusione di best practices negli uffici giudiziari italiani, è stata proposta la possibilità di effettuare percorsi di autovalutazione quale approccio preliminare all’analisi ‘As Is’ dedicata alla mappatura dei processi di lavoro, punto di partenza per gli interventi di riorganizzazione delle strutture e di ottimizzazione delle dotazioni dei sistemi informativi. Il Progetto è ancora in corso (terminerà nel 2015) e quindi non si possono trarre conclusioni definitive sulle esperienze realizzate. Tuttavia, alcuni dati possono essere ricostruiti attraverso le informazioni raccolte dal Progetto MPG, realizzato dal Dipartimento della funzione pubblica in collaborazione con il Ministero della giustizia, che ha il compito di monitorare il progresso del Progetto Best Practices.
Secondo le rilevazioni effettuate nel luglio 2013, gli uffici coinvolti sono 200, di cui 149 hanno avviato le attività; fra questi ultimi gli uffici che sono in avanzata realizzazione o hanno concluso gli interventi sono in totale 94. Il monitoraggio effettuato si basa sulle risposte di 92 uffici, in sostanza la stragrande maggioranza di quelli che hanno effettivamente già realizzato in gran parte le azioni previste. Gli uffici che dichiarano di aver realizzato percorsi di autovalutazione sono 23; di questi 19 dichiarano di aver utilizzato il modello CAF.
Cosa emerge da queste esperienze? Ve ne sono alcune particolarmente significative?
Questi 19 uffici hanno sperimentato un percorso basato sul modello CAF. Elementi di analisi sono disponibili per le Procure di Caltagirone e Milano e la Corte d’Appello di Milano.
In generale le visite on site effettuate nell’ambito del Progetto MPG mostrano come spesso i processi di valutazione della situazione ‘As Is’ siano stati realizzati senza seguire un approccio basato sul coinvolgimento del personale interno, ma siano stati elaborati principalmente dai consulenti esterni.
Comunque, una documentazione approfondita è stata messa a punto per i due uffici milanesi sopra citati.
Sull’esperienza di utilizzo del CAF da parte di questi due uffici giudiziari è stato elaborato un approfondimento dal titolo “Il percorso di autovalutazione CAF nella Corte d’Appello di Milano e nella Procura della Repubblica di Milano” che riflette su una serie di condizioni per introdurre in questo peculiare settore percorsi di autovalutazione efficaci. In particolare, considerando la scarsa esperienza di questi uffici in merito agli strumenti orientati alla qualità, sottolinea l’esigenza di sviluppare il confronto fra il personale di magistratura e quello amministrativo, e di cogliere l’opportunità delle indagini presso tutto il personale per supplire alla possibile carenza di dati di performance in grado di rappresentare le varie dimensioni del modello CAF.
Rispetto all’esperienza italiana, vi sono esperienze straniere di riferimento?
A livello internazionale il tema della qualità dei servizi e delle performance delle organizzazioni giudiziarie ha ricevuto negli ultimi due decenni una specifica e diffusa attenzione, pur se con caratteristiche – in molti casi – di disomogeneità e di difficoltà. Gli Stati Uniti hanno sviluppato già dagli anni ’90 del secolo scorso modelli di assessment delle performance per i tribunali; più recentemente per i tribunali statali è stato sviluppato un modello denominato High Performance Court Framework, che integra vari approcci, tra cui i performance indicators, la balanced scorecard e il ciclo della qualità quale processo di autovalutazione orientato al change management e al miglioramento continuo. In Europa, oltre ai modelli messi a punto nell’ambito dei singoli Paesi (tra cui quello olandese, denominato INK Model, derivato da EFQM), è rilevante il ruolo della Commissione europea per l’efficienza nella giustizia (Cepej), che – oltre ad elaborare un rapporto sulla qualità della giustizia nei vari Stati Membri– ha sviluppato specifiche check-list per l’analisi dei tempi dei procedimenti e la qualità del case-management.
Degno di nota, infine, il modello elaborato dal Consortium for Court Excellence, organismo cui partecipano l’Australasian Institute for Justice Administration, il Federal Judicial Center e il National Center for State Courts degli Stati Uniti, e la Subordinate Courts of Singapore. Il modello, denominato International Framework for Court Excellence , elaborato nel 2008 e rinnovato nel 2013 con il supporto dell’europea Cepej e della World Bank, si basa su un articolato insieme di principi, dimensioni e indicatori di analisi, e di procedure di rilevazione dei dati. Il riferimento è costituito dai modelli di qualità Baldrige, EFQM e CAF.
L’approccio promosso dal CAF, attraverso l’autovalutazione della performance organizzativa orientata al miglioramento continuo, appare dunque ampiamente diffuso e praticato a livello internazionale, indipendentemente dallo specifico modello usato. Ancora poco presente invece nel contesto nazionale, nonostante gli indirizzi della Civit (regolamento n.88) che richiedono ad ogni organizzazione pubblica di effettuare l’autovalutazione della performance nell’ambito di cicli ricorrenti di programmazione e valutazione esterna dei risultati raggiunti.